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Giorno

Non una saldatura. Come se il ferro si forgiasse con il pensiero. Tremila ore di martellate. Come se fossero carezze. Nessun disegno. Il disegno si forma costruendolo. Così è nato il cancello. Cancello che si chiude. Cancello che si apre. Figlio imponente del poeta del ferro. Così hanno definito lui. Ma lui non ascoltava più di tanto gli elogi. Lui stava chino per ore ad accarezzare il suo ferro a martellate, a trasformare il pensiero in materia nera. Solida. Indistruttibile. L’opera al nero. Gli alchimisti sanno quanto sia complesso piegare la materia. I non alchimisti osservano, criticano, elogiano ma non possono fare di più. Sarebbe troppo per troppi. Osservando l’imponente cancello, colpiscono i dettagli, i chiodi costruiti dall’artista, i ricami, gli interstizi e poi la presenza ferrea di tre piccoli animali. Sembrano muoversi. Una lumaca che sale lenta dalla terra, una lucertola che si guarda intorno a metà strada e una farfalla che sta per volare verso il cielo. Ogni creatura avanza come può. Così gli uomini. Qualcuno si muove lento e qualcuno si aspetta. C’è chi ha imparato a volare.

Quando mi sedevo sulla sponda del letto accanto al nonno e gli raccontavo la filosofia, i suoi occhi s’illuminavano. Io non capivo se capisse davvero, ma continuavo a raccontare. Io non sapevo cosa sapesse un uomo che non ha studiato, ma continuavo a raccontare. Io continuavo a raccontare anche se non capivo, perché non sapevo che quel che raccontavo lui lo sapeva già. 

Gli alchimisti. Si nascondono dentro gli umili abiti della più umile umanità. 

Un giorno il poeta del ferro mi disse: “Se si osserva un giorno incorniciato nello spazio-tempo, quel giorno è un’opera d’arte. Atmosfere cupe alla Turner o metafisiche alla De Chirico o labirintiche alla Borges. Ogni giorno è arte. Trova la tua arte e usala per i giorni che vivrai. Alla fine di ciascun giorno potrai fermarti a contemplare. Senza cercare di capire. L’arte è contemplazione. E alla fine della vita ti troverai dentro il tuo museo. Siedi a contemplare tutte le opere che lì ritroverai”. 

Rileggo l’ultimo racconto che ho scritto, mi sfilo gli occhiali e mi fermo a contemplare il giorno che tramonta e di cui, come ogni giorno, non ho capito nulla. 

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