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Mangiafuoco

In un punto di mondo, ad est dell’equatore, in un giorno di mondo illuminato dal sole, una carta scolorita s’invola. Nessuno sa da dove si muova né perché. Arrivata ai piedi di un mangiafuoco, rischia di essere bruciata, ma non temendo fine alcuna, s’arresta e si mette in gioco.

Fili elettrici tirati dai balconi cittadini sono gli unici collegamenti ormai rimasti tra gli umani e i loro destini. A terra i piedi devono rimanere al proprio posto e mantenere le distanze. Nubi incerte si muovono nell’aria libera e disinibita. I dubbi riguardano la provenienza della distanza, se sia voluta o subita. Ma il mangiafuoco, come la carta, è un artista che conosce la strada, e la sua precarietà è un trucco per mantenersi in equilibrio sulla fune fino alla fine.

Fermo al centro di un viale al centro di un attraversamento pedonale al centro di un’accelerazione pneumatica, con un profondo soffio accende il semaforo di rosso. Attende la pioggia e si distende finché la pioggia che scende, il rosso spegne con un verde lasciapassare. E così ciclicamente lascia passare le umane faccende che lo salutano distrattamente. Soltanto la donna della carta gli lascia i suoi fiori e, riprendendo aria, se ne va in spazi migliori.

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