Apocalisse
L’uomo alto tre chilometri viveva nel deserto. Solo lì riusciva a nascondersi. Sotterrandosi nella sabbia ogni volta che sentiva qualcuno arrivare. Cambiava la conformazione delle dune. Di gente ne passava talmente poca che poteva godersi il tempo a disposizione come se fosse rinchiuso in una clessidra. Li immaginava così i confini del suo tempo. Lui che non aveva più punti di riferimento. Scappò che era soltanto un adolescente, quando tutti i coetanei iniziavano a sentire l’insofferenza per la noia e il soffocamento per le regole sociali. Lui aveva un problema più grande: la gestione dello spazio. Fu quando iniziarono i roghi che gli venne in mente di andarsene. Tutti erano presi da una catastrofe ambientale senza precedenti, perciò colse al volo il momento di distrazione generalizzata. Miliardi di animali morti, milioni di alberi carbonizzati, migliaia di uomini infettati, centinaia di case evacuate, decine d’ipotesi. Chi poteva interessarsi ad un ragazzo che non entrava più nel suo letto? Nessuno. Neppure i genitori. Il giorno in cui se ne andò, contemplò per l’ultima volta l’Apocalisse annunciata. Gli uomini erano convinti che fosse arrivata davvero, mandata da Dio per punirli dei loro peccati. Si spogliò di ogni peccato e se ne andò nel deserto, dove poteva avere tutto lo spazio a disposizione. Rimase lì fino all’ultimo granello di sabbia della clessidra, senza sapere più nulla del mondo e della sua Apocalisse. L’unica cosa di cui poteva essere certo era che il mondo esisteva ancora. Ma in che modo. Non l’avrebbe saputo mai.
L’uomo alto tre chilometri rimase sotterrato nella sabbia dove si accasciò in fin di vita. Lo videro i posteri sorvolando le dune dalla strana forma umana. Lo aggiunsero all’elenco dei tanti misteri.
Come quello dell’Apocalisse.
Come quello di Dio.
Come quello di quando arriverà la fine del mondo.