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Drago

Quando scoppiano le bombe emettono un’eco che si propaga dall’altra parte della guerra. Giungono laddove c’è pace e la lenta carovana di preghiera che attraversa il mare, guidata dai sui numi e protetta dai suoi lumi, cerca a suo modo di uscire dal mondo. Il gobbo e la gobba, con le loro gambe corte e il bacino fuori asse rintoccano a destra e a sinistra i battiti della campana mentre la gente si accalca per assistere al passaggio della processione. “Ci sono i tori?” chiede una bambina a sua mamma, suggestionata dalla descrizione della corsa di Pamplona che le aveva fatto il papà nel pomeriggio. “No, tesoro! Qui c’è la benedizione del cielo”. Ma quando la guerra dei fuochi comincia il lancio delle sue bombe d’artificio, la bambina ripensa ai tori e alle benedizioni e al cielo e pensa che il cielo ha un modo proprio strano di dare benedizioni e che gli uomini in terra hanno un modo ancora più strano di vivere. Osserva la gente che corre verso la litania dei monaci. Tutti corrono per raggiungere la lentezza, come se ci fosse un posto migliore degli altri, una volta arrivati. Solo il drago giocattolo disperso nella folla avanza lentamente schivando la fretta e ignorando il suo destino nel mondo. Ha tre teste come una chimera e luci rosse intermittenti. Continuerebbe così, senza fretta, se un ragazzo passato di fretta non lo calpestasse all’improvviso alzando la testa verso il cielo e imprecando alla vista dello sterco piovuto dall’alto. Qualcosa ha imbrattato la sua camicia bianca. “Maledizione!” grida stupefatto. “Benedica il cielo” pregano i monaci. “Ma che diavolo è stato!” esclama il ragazzo rivolto alla fidanzata che lo guarda impotente. “Dio dei cieli” invocano i monaci. “Sarà stato un gabbiano” ipotizza la ragazza. “Prega per noi”. Amen. “Altro che gabbiano. Questa è la cagata di un drago!”. Amen.

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