Vento
Si era levato come solo lui sa fare. Sulle sorti del pianeta dalla sorte incerta. In assenza di luce elettrica tutto era silente. Persino le note. Persino le parole. Persino le coincidenze. Tranne lui, che aveva preso il sopravvento. Il mondo sembrava avesse perso il fiato. Società liquida in apnea. Negozi chiusi. Saracinesche abbassate. Computer spenti. Frigoriferi bui. Braccia incrociate nell’attesa. Scambi di sguardi nuovi. Antichi ritrovi. Pagine scritte su fogli che non sapevano più volare. Approfittare di questo interstizio di-sconnessione per riappropriarsi del pianeta verde. I piedi scalzi sui fili d’erba pizzicavano di formiche, mentre una gatta lenta perdeva la strada di casa per ritrovare quella della felicità. Non lasciava impronte nell’incontro di affinità sottili, perché lui se le portava via, portando via anche le ombre. Nella piana ingorda di rifiuti tossici passò a depurar le sorti e per un attimo il pianeta invocò la buona sorte. Un filo di elettricità pizzicò le reti e illuminò i lampioni. Tornarono le ombre e le voci e l’incertezza liquida. Lui se ne andò. Silente com’era arrivato. Lasciando ognuno alla sua sorte.