Prigione
Guardavo la colomba. Non avevo mai osservato così attentamente il volo degli uccelli, come nei giorni di prigionia. Ancor più del volo m’interessavano le soste. Quel loro modo di scegliere un punto del graticcio o un davanzale o il coppo di un tetto o un trespolo traballante o un ramo spezzato o il cornicione di una casa vecchia. M’incuriosiva il fatto che non scegliessero i punti più comodi del mondo, ma più facilmente quei punti che io, fossi stato un uccello, non avrei scelto mai. Ma perché voi che siete liberi non scegliete il meglio? O meglio… Quel punto scomodo, sbilenco, periglioso, disagiato… Quello è il meglio per voi? La colombina bianca si era fermata e aveva iniziato a scuotere velocemente la testa. Anche questo è curioso. Gli uccelli scuotono la testa in continuazione, come se avvertissero segnali intermittenti dallo spazio circostante. Io, se muovessi la testa a quella velocità forsennata, ci rimarrei secco. Mi si bloccherebbe il collo e la visuale diventerebbe ancora più limitata di quello che è. In prigione. In prigione tutto è limitato. Tesi la mano alla colomba ma lei, come al solito, non capì le mie intenzioni. E se ne andò. Lasciandomi in catene, come quando era arrivata.