Autobus
Il tempo del tempo perso è finito. Così recita lo slogan che scorre sul monitor dell’autobus, ma la gente non lo vede perché perde tempo guardando monitor più piccoli che tiene tra le mani. Ognuno nel suo piccolo mondo. Fuori il traffico è quello tipico di un’autunnale serata cittadina in cui l’unica anomalia è il caldo fuori stagione che si fa sentire ed è sulla bocca di tutti. C’è un mondo frenetico di luci forti, in contrasto con la luna piena e lievemente rossastra circondata da un confuso alone di foschia. E c’è un altro mondo ancora che fonde la vita riflessa dai vetri di destra a quella riflessa dai vetri di sinistra. Attraverso il movimento del mezzo, passando in mezzo, i due riflessi diventano un’unica vita parallela in cui sul terreno dei campi compaiono le insegne luminose di un benzinaio, tra i rami di un albero si nasconde un cartellone pubblicitario stanco di fare pubblicità al solito prodotto, da una finestra si affaccia un semaforo che sa dire solo “Sì, forse, no”. Alla fine della corsa le porte si aprono, i piedi scendono a terra e le mani strappano il biglietto. Le porte si chiudono per dare inizio a una nuova corsa.Il tempo del tempo perso è finito.